PAPA IN IRAQ: DITO PUNTATO CONTRO GLI ISLAMISTI

PAPA IN IRAQ: DITO PUNTATO CONTRO GLI ISLAMISTI

di Souad Sbai

Papa Francesco è rientrato a Roma, dopo i giorni straordinariamente intensi e di grande significato passati in Iraq. Gli incontri e le tappe effettuate offrono da sé una spiegazione dei vari risvolti della sua visita, sia sul piano apostolico che politico. Nel primo caso, l’attenzione è stata tutta per le comunità cristiane locali, martoriate da anni di sofferenze e tribolazioni. Rapimenti, sequestro di case e proprietà, uccisioni: la fuga nella regione autonoma del Kurdistan (dove il Pontefice ha celebrato una messa solenne), quando non in altri paesi del Medio Oriente o occidentali, come unica via di salvezza dall’inferno della Piana di Ninive su cui si è abbattuta la follia distruttiva di Al Qaeda prima, dell’Isis poi e oggi delle milizie estremiste sciite legate al regime khomeinista iraniano.

Non c’è ancora pace, non c’è ancora sicurezza per i cristiani iracheni e ciò non favorisce il loro contro-esodo, l’esercizio del diritto al ritorno in Patria, nel proprio paese d’origine. D’altro canto, seppur decimati, i cristiani iracheni rimasti a Mosul, Qaraqosh e altre località, non hanno certo perso la speranza per un futuro migliore, come dimostrato dalle manifestazioni di gioia ed entusiasmo con cui hanno accolto Papa Francesco. Una gioia ed entusiasmo, le cui ragioni può comprendere appieno solo chi ha davvero patito per circostanze avverse come guerre e persecuzioni. Da leader spirituale e religioso, il Pontefice ha rinfocolato di nuove energie positive l’animo dei cristiani iracheni, affinché mantengano salda la speranza e su di essa costruiscano nuove prospettive di vita.

Di nuove prospettive in Iraq non sono però affamati soltanto i cristiani o altre comunità come gli yazidi:

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